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Nuovo contratto per pubblici esercizi, ristorazione e turismo

Un nuovo contratto per pubblici esercizi, ristorazione e turismo. Fipe: “Valorizziamo l’eccellenze italiana”

Il nuovo contratto, della durata di quattro anni (fino al 31 dicembre 2021), frutto di un duro e faticoso lavoro, segna una nuova impostazione nelle relazioni sindacali e vuole essere un contributo significativo allo sviluppo del settore. Produttività, flessibilità e competitività i nodi chiave del nuovo documento.

Roma, 11 aprile 2018 – “L’approvazione del primo CCNL, in vigore fino al 31 dicembre 2021, rappresenta un momento storico non solo per il nostro settore ma per tutto il Paese”, ha dichiarato il Presidente Fipe Lino Enrico Stoppani. “Il primo contratto nazionale dei pubblici esercizi, ristorazione commerciale, collettiva e del turismo, atteso da quasi 5 anni, rappresenta il frutto dell’ascolto delle richieste e delle esigenze specifiche di un settore strategico per lo sviluppo del nostro Paese. Il nuovo contratto, che garantirà una maggiore flessibilità operativa, rappresenta il punto di partenza della collaborazione tra le organizzazioni sindacali, per affrontare, su rinnovate basi, le tante e difficili sfide che il settore ha davanti, prima tra tutte il recupero di produttività”.

Si è svolto oggi a Roma il convegno organizzato da Fipe per presentare i contenuti del nuovo CCNL del settore dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e commerciale e del turismo: un accordo raggiunto dopo complesse negoziazioni e caratterizzato da molte novità per le parti economica e formativa, che intervengono nella corretta gestione del rapporto di lavoro da parte delle aziende. Nel corso del convegno oltre ad approfondire i vari aspetti che caratterizzano le relazioni sindacali, le esigenze delle imprese e dei lavoratori, sono state sottolineate le potenzialità e le criticità di questo storico documento che verrà applicato da 300.000 imprese, per un totale di 1 milione di addetti e circa 80 miliardi di fatturato.

Il nuovo contratto diverrà lo strumento utilizzato dal settore per cogliere tutte queste sfide e impostare una nuova strategia in grado di superare la vecchia concezione del lavoro ancora vigente in favore di nuovi modelli di organizzazione e di sviluppo delle aziende. Uno dei nodi fondamentali è rappresentato dal passaggio da politiche del lavoro e da relazioni sindacali caratterizzate da incrementi salariali uguali per tutti a politiche del lavoro incentrate sulla produttività. In quest’ottica gli elementi indispensabili della nuova strategia dovranno essere: maggiore flessibilità per ottenere un miglioramento di produttività visibile e quantificabile, prezzi stabili per non deprimere i consumi, cospicui investimenti per il rinnovamento di attrezzature, locali e prodotti, recupero di competitività non solo per incrementare la sopravvivenza efficiente delle imprese ma anche per ottenere un miglioramento delle retribuzioni.

L’importanza del nuovo documento è stata ribadita più volte nel corso del convegno anche sottolineando alcuni importanti dati relativi al settore. La ristorazione è la principale componente della filiera agroalimentare, rappresentando il 41% del valore aggiunto e il 47% dell’occupazione, cresciuta nel corso degli anni della crisi in controtendenza rispetto agli altri settori dell’economia. Inoltre il comparto è una delle principali porte d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro: i lavoratori under 30 anni rappresentano la metà dei dipendenti, le donne sono invece la maggioranza (53,33%), mentre la multiculturalità del settore è testimoniata dall’alto tasso di stranieri impiegati nelle imprese (25%).

Nel corso del convegno è stato fatto poi il punto anche sulle criticità del settore che il nuovo contratto sarà chiamato a regolamentare, come la bassa produttività del lavoro (in diminuzione in media del 6% rispetto al 2009), l’abbassamento dei livelli qualitativi dell’offerta (molte aperture di basso profilo, con conseguente perdita di identità dei centri storici), i tassi di mortalità elevati (il 70% delle imprese cessa dopo 5 anni), l’abusivismo dilagante a causa dell’assenza di regole certe, i livelli di marginalità bassi non sufficienti a impostare piani di investimento. Date queste criticità, la centralità del CCNL sta nella necessità di prevedere condizioni economiche e normative in grado di garantire la sopravvivenza delle imprese, condizione indispensabile per l’occupazione e il benessere dei lavoratori. 

 

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