Cronaca del lavoro
VisiTuscia, la parata delle eccellenze
“Gioiscono le anguille perché giace qui morto colui che, quasi fossero colpevoli di morte, le scorticava”. Secondo lo scrittore Niccolò Tommaseo, questo era l’epitaffio di Martino IV, il papa ghiotto relegato da Dante Alighieri nella sesta cornice del Purgatorio, a espiare i suoi peccati di gola – “purgo per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia”. In particolare, si narra che Martino IV fosse solito divorare le anguille del lago di Bolsena imbevute nel vino locale, la Cannaiola. Da questo aneddoto è incominciata la manifestazione VisiTuscia – Speciale Expo, Borsa del Turismo viterbese, giunta all’ottava edizione e orientata alla valorizzazione dell’eccellenza enogastronomica locale. Così, se oggigiorno il vero peccato di gola è rappresentato da una cattiva alimentazione, chiunque voglia mondarsinon può non passare attraverso gli itinerari enogastronomici della Tuscia, in cui il cibo si fonde intimamente alla storia e alla tradizione locale.
È proprio rifacendosi alla storia di Martino IV che il signor Antonio Castelli ha pensato bene di riscoprire e ripiantare nel 1996 il vigneto – andato perduto fino alla sua opera – da cui si ricava un vino unico al mondo, la Cannaiola Martino IV DOC. Il titolare dell’azienda Castelli ha sottolineato come l’amore e la passione per il vino lo abbiano spinto a impegnarsi nelle ricerche necessarie per riportare in auge questo vino (coadiuvato dall’Università della Tuscia e dagli anziani del posto, ultimi depositari dei sapori e profumi della Cannaiola), che ben si sposa con Affumicati e Carpacci di pesce del lago di Bolsena. La storia e i sapori di questo vino medievale sono raccontati in questi versi: “Coltivato in luogo aprico già dall’anno Mille/Amato da Papi e Cardinali/da questo vitigno nomato Cannaiolo/sorte ‘n vino più unico che raro/amaro come ‘l tufo che respira/dolce come ‘l core de ‘na donna”.
Cammino di purificazione – Chi vuole redimersi, però, non può non pellegrinare per la Strada dell’Olio dop di Canino, un itinerario enogastronomico nato per valorizzare una terra votata all’olivicoltura di qualità e per veicolare i suoi valori ambientali, culturali e archeologici (si veda l’importante sito etrusco di Vulci). L’olio si caratterizza per un odore fruttato e un sapore deciso con retrogusto amaro e piccante. VisiTuscia non ha lasciato nulla al caso: se quest’olio è eccezionale da degustare su una fettina di pane bruscato, quest’ultima va realizzata con la migliore farina, di cui la Tuscia non è sprovvista. Nell’azienda agricola Fornovecchino diversi tipi di grano non compiono nemmeno 200m per raggiungere, dai campi, i macchinari necessari alla produzione dei suoi derivati. L’intera filiera produttiva è interna all’azienda e il grano viene lavorato solamente su richiesta. Qui la tradizione si coniuga all’avanguardia, grazie alla particolarità del farro monococco: “Questo farro – ha spiegato il titolare dell’azienda – è il primo cereale che l’uomo ha mangiato e contiene un basso tasso di glutine pari al 3%. L’università di Firenze ha riscontrato che nel momento in cui c’è l’insorgere in un soggetto della celiachia, la somministrazione di questo farro agisce in modo simile a un vaccino. Il fisico lo riconosce, sviluppa le difese immunitarie e dopo un po’ di tempo può passare ad altri cereali, sempre antichi e teneri”.
Infine, per terminare il percorso di espiazione bisogna purificarsi con i fagioli del Purgatorio, il piatto tipico del “pranzo del Purgatorio” organizzato a partire dal 1600 a Gradoli, in occasione del mercoledì delle ceneri. Non vi resta che iniziare il pellegrinaggio nella Tuscia: troverete innumerevoli Virgilio pronti a guidarvi in una terra tutta da scoprire.
Paradiso dei sapori – A purificazione avvenuta, ci si può tranquillamente lasciar andare ad altri sapori e gusti assolutamente unici, come quelli dei formaggi di capra e di pecora. VisiTuscia ci ha fatto conoscere la storia della famiglia Pira, che negli anni ’50 si è spostata con la transumanza dalla Sardegna nella Tuscia, ed ha messo in piedi quello che ora è il Caseificio Azienda Agricola fratelli Pira.
In essa, il Paradiso si lascia svelare piano piano, dai formaggi di capra e di pecora più freschi fino a quelli più stagionati (stupisce la varietà della produzione) e si può godere, oltretutto, della presenza dei coniugi Pira, coloro che negli anni ’50 si avventurarono nella Tuscia. Lui seduto, lei in piedi con una mano sulla sua spalla, rappresentano una bellissima testimonianza di affetto e valori.